Letta la Vita di Vittorio Alfieri...

 

Nota testuale – Il sonetto venne per la prima volta pubblicato, col titolo Letta la vita di Vittorio Alfieri scritta da esso, negli Scritti vari inediti 1906, p. 17 (per la traslitterazione in minuscolo del titolo cfr. ibid. p. 543); ove, alla riga 4 della prosa, il comitato editoriale leggeva erroneamente «la mia facilità di rimare»; poi corretto sulla base dell’autografo napoletano (AN, XV, 7), e con il vulgato ma erroneo titolo Letta la vita dell’Alfieri scritta da esso, dallo Scarpa (Bacchelli-Scarpa 1935). Ripreso poi dal Flora, e quest’ultimo seguíto alla lettera dalle edd. Binni-Ghidetti e Rigoni, anche nella infelice e illogica innovazione mondadoriana all’ultima variante del 13° verso «che di me leggendo». Ho ripristinato, seguendo l’autografo, in-dentro e in-fuori, che queste edizioni avevano bellamente invertito; e ho parimenti ripristinato il titolo originale. Come ha evidenziato l’edizione Gavazzeni 2009, la grafia della nota leopardiana, e dello stesso titolo, richiedeva qualche minimo aggiustamento (si noti particolarmente l’alternanza, forse non casuale, Sonetto/sonetto; ma anche Vita/vita: la maiuscola è effettivamente nel titolo, forse in quanto nome di un’opera, o forse in quanto titolo leopardiano del componimento: l’usus del poeta, in quegli anni, non è ancora definito). Tuttavia appare che l’edizione della Crusca non abbia ben recepito l’abbreviazione al richiamo del v. 13, che essa legge erroneamente «13°.» quando in realtà va letto «13.zo» ovvero ‘decimoterzo’: l’abbreviazione soprascritta al numero è indubitabile, e la curatrice dovrebbe saperlo meglio di chiunque altro, in quanto trattasi della stessa Paola Italia che ha curato le Note ai Canti, ove, alla n. 2 nell’ed. bolognese del ’24, ella stessa trascrive «quartadecima […] decimottava […] quarantesimoquinto» (p. 593 dell’ed. Gavazzeni 2009). Come Leopardi recita in nota, il sonetto venne composto la notte avanti il 27 novembre 1817, e poi scritto, con la nota, il 29; mentre la datazione delle varianti al v. 13 – così scrivevo in precedenza, senza aver visionato l’originale – andrà più o meno posticipata a seconda dell’inchiostro usato, della posizione sull’autografo, ecc.; il tutto da valutare, ovviamente, cum grano salis. Cosa che forse l’edizione Gavazzeni non ha fatto quando ha datato le tre varianti, indistintamente, al 29 novembre: le prime due sembrano effettivamente scritte con la stessa penna e con lo stesso stile di prosa e versi che precedono; ma definir la data della terza, con altro inchiostro e con ductus diverso, non pare così immediato; oltretutto quel «di me leggendo» sembra implicare una novità rispetto a quanto prima messo in versi: il Leopardi che scrive «di me leggendo», forse non si sente più un semplice «ignoto», ma presuppone dei lettori, magari pochi e svogliati, che magari, per usar termine suo, non lo trombetteranno più di tanto, ma che forse potrebbero bastare se non a posticipare a tempo indeterminato la stesura della terza variante, quantomeno a renderne la cronologia un po’ più ipotetica. Intendiamoci: non son qui a sostenere che questa ultima debba per forza esser posteriore al 29 novembre; dico solo che la tesi val quanto l’antitesi, e comunque, inchiostro e ductus parlano a favore di uno stacco temporale, vattelappesca se lungo un’ora, un giorno, un mese. Ulteriore appunto al recente editore, in una edizione così attenta agli aspetti diplomatici, il rientro iniziale, nel paragrafo in prosa, perché non segnalarlo? Chiamiamolo pure varia lectio, definizione nella fattispecie non felicissima, ma è comunque sfortunata innovazione rispetto al famigerato Flora. Infine, vera e propria svista è l’illogico punto fermo dopo «obblio» al v. 8: l’autografo ha i due punti.

 

 

Nota critica e sonetto, con testo corretto e aggiornato al gennaio 2014, in PDF (non riproducibile senza il consenso dell’autore).

 

Canova, Monumento a Vittorio Alfieri, 1804-1810

 

Monumento funebre di Vittorio Alfieri in Santa Croce a Firenze, ad opera di Antonio Canova, con Italia piangente sull’urna del poeta, contrassegnata, oltre che dal medaglione, dalla maschera tragica ai quattro lati del sarcofago. Nella targa in primo piano, sotto la cetra, a monumento terminato (1810) si leggerà:

 

VICTORIO•ALFERIO•ASTENSI

ALOISIA•E•PRINCIPIBVS•STOLBERGIS

ALBANIAE•COMITISSA

M•P•C•AN• MDCCCX

 

Traggo l’incisione, opera di Antonio Verico, dalle Opere postume di Vittorio Alfieri, tomo XIII (Vita, vol. II) Londra MDCCCIV (in realtà Firenze, Piatti, nello specifico 1808). Questa fu forse l’immagine che ispirò a Giacomo la composizione del sonetto. Si ricordi la profonda influenza dell’Alfieri sul primo Leopardi, e che il primo dei Canti si chiama All’Italia.

 

 

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© 08.02.2010 —> 20.01.2014