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Introduzione

 

 

Composto prima del 29 giugno 1833 (cfr. ultimo capoverso: «concedimi ch’io non passi il 70 lustro»), presento il testo secondo l’edizione Flora. La prima pubblicazione in G. Carducci, Degli spiriti e delle forme nella poesia di G. L., Bologna, Zanichelli, 1898, poi negli Scritti vari inediti del 1906 ecc. L’autografo è nelle carte napoletane, suppongo con sigla AN III, come da numero d’ordine in Camillo Antona-Traversi, Il catalogo de’ manoscritti inediti di G. L. sin qui posseduti da Antonio Ranieri, Città di Castello, S. Lapi tipografo-editore, 1889, p. 11 s: «3. — Un involtino contenente due striscie di carta, l’ una più lunga, l’altra più breve. In capo alla striscia più lunga è scritto: "Ad Arimane. — Re delle cose, autor del mondo, arcana". In fine del retro di tale striscia è scritto: “Se mai grazia fu chiesta ad Arimane .... concedimi ch’ io non passi il 7° lustro. Io sono stato vivendo il tuo maggior pre”. In capo dell’altra striscia è scritto: “dicatore ecc. ecc. l’apostolo della tua religione.” E in fine della stessa è scritto: “Non posso più della vita”». Cfr. anche Mariano Fava, Gli autografi di G. Leopardi conservati nella Biblioteca Nazionale di Napoli, in «Bollettino del bibliofilo, I», 1918-19, Napoli, presso Luigi Lubrano libraio, p.186: «Due strisce di carta, l'una di cm. 13 x 7 circa, l'altra di cm. 9 x 6,5 circa, infinestrate, tra fogli di celluloide, in una cornice di cartoncino, con legatura recente in mezza pergamena».

 

AD ARIMANE

Re delle cose, autor del mondo, arcana
Malvagità, sommo potere e somma
Intelligenza, eterno
Dator de’ mali e reggitor del moto,

 

io non se questo ti faccia felice, ma mira e godi ec., contemplando eternam. ec.

produzione e distruzione ec. per uccider partorisce ec. sistema del mondo, tutto patimen. Natura è come un bambino che disfa subito il fatto. Vecchiezza. Noia o passioni piene di dolore e disperazioni: amore.

I selvaggi e le tribù primitive, sotto diverse forme, non riconoscono che te. Ma i popoli civili ec. te con diversi nomi il volgo appella Fato, natura e Dio. Ma tu sei Arimane, tu quello che ec.

E il mondo civile t’invoca.

Taccio le tempeste, le pesti ec. tuoi doni, che altro non sai donare. Tu dai gli ardori e i ghiacci.

E il mondo delira cercando nuovi ordini e leggi e spera perfezione. Ma l’opra tua rimane immutabile, perché p. natura dell’uomo sempre regneranno L’ardimento e l’inganno, e la sincerità e la modestia resteranno indietro, e la fortuna sarà nemica al valore, e il merito non sarà buono a farsi largo, e il giusto e il debole sarà oppresso ec. ec.

Vivi, Arimane e trionfi, e sempre trionferai.

Invidia degli antichi attribuita agli dèi verso gli uomini.

Animali destinati in cibo. Serpente Boa. Nume pietoso ec.

Perché, dio del male, hai tu posto nella vita qualche apparenza di piacere? l’amore?... per travagliarci col desiderio, col confronto degli altri, e del tempo nostro passato ec.?

Io non so se tu ami le lodi o le bestemmie ec. Tua lode sarà il pianto, testimonio del nostro patire. Pianto da me per certo Tu non avrai: ben mille volte dal mio labbro il tuo nome maledetto sarà ec.

Mai io non mi rassegnerò ec.

Se mai grazia fu chiesta ad Arimane ec. concedimi ch’io non passi il 70 lustro. Io sono stato, vivendo, il tuo maggior predicatore ec. l’apostolo della tua religione. Ricompensami. Non ti chiedo nessuno di quelli che il mondo chiama beni: ti chiedo quello che è creduto il massimo de’ mali, la morte. (non ti chiedo ricchezze ec. non amore, sola causa degna di vivere ec.). Non posso, non posso più della vita.

 


 

© 01-06/1999 —> 28.05.2011