Home | | Leopardi
Testo

Ad Arimane, introduzione

 

Sono una parte di quella forza che eternamente vuole il male ed eternamente opera il bene.

Goethe o Bulgakov

 

 

Nosferatu, D. Fregnani, 1996Di questo inno è sicuro terminus ante quem il 29 giugno 1933 (cfr. l’accenno al settimo lustro nell’ultimo paragrafo). Ed è in effetti legato a filo doppio con alcuni componimenti coevi, del cosiddetto ciclo di Aspasia e dei successivi (1). A ben considerare non può essere sbrigativamente definito solo un abbozzo, se è vero che un sensibilissimo lettore leopardiano quale è il grande Carmelo Bene è riuscito a darne una squisita ed irrequieta interpretazione. Il dettato è comunque comprensibile, e anche la sibillina allusione al serpente boa si spiega con la nota autografa al v. 34 della Palinodia.

 

Nella religione persiana antica Arimane è il principio del male, contrapposto al benefico dio supremo, Ahura-Mazdah (2). Una concezione religiosa che, ripresa dal manicheismo, è rifluita, sotto diverse forme, fino ai giorni nostri. Secondo Fubini il Leopardi ne avrebbe tratto il nome dal Manfredo del Byron. O, più dubitativamente, dal voltairiano Poème sur le désastre de Lisbonne (ipotesi dell’Antonioni). Anch’io ritengo che alla base ci sia Voltaire, ma senza dimenticare quel Voltaire che cita Arimane nel Dictionnaire Philosophique, alla voce Bien, Tout est bien (cui non si può non rapportare il «tutto è male» del passo dello Zibaldone di cui subito infra). Più che la citazione in sé, suggestivo è quanto si trova verso la fine della voce stessa: «Quel sistema del Tutto è bene rappresenta in sostanza il Creatore come un re potente e malvagio, che non si preoccupa se debban perire quattro o cinquecentomila uomini, e gli altri trascinar la loro vita nella carestia e nei dolori, purché egli possa venire a termine dei suoi progetti (3)» (trad. a cura di M. Bonfantini). Come che sia il tutto venne puntualmente ripreso e meditato nello Zibaldone, pp. 4174 ss., pagine che di nuovo presentano ascendenze, anche lessicali (per es. «sistemi», «mondi», «patimento»), a questo inno.

 

 

1 – Mi limito a citare l’epigrafe giovannea della Ginestra, col suo dualismo luce-tenebre, che rimanda direttamente all’antica religione persiana.

2 –‘Oromaze’, alla greca, lo chiamava Antonio Ranieri, e probabilmente lo stesso Leopardi, che appare ispiratore di quanto il napoletano scriverà, nel ’45, all’inizio della Notizia che accompagna l’edizione lemonnieriana dei Canti, e che è altro passo rilevante, a gettare un filo di luce non solo su questo inno, ma probabilmente anche sull’intima natura del pessimismo leopardiano: “Il grande ingegno consta di due elementi quasi incompatibili, una gran fantasia e un gran raziocinio [...] Ma con que’ due elementi era congiunto un terzo, la malattia, il dolore, la parte piú inesplicabile dell’inesplicabile mistero dell’universo. Laonde, sferzato da un tanto flagello, egli ne domandò la spiegazione [...] prima agli altri e poi a se stesso; e questa perpetua ed insaziabile interrogazione è il pensiero a un tempo dominante ed occulto de’ suoi scritti. In nessun uomo non fu mai scorto piú sensibilmente l’innesto terribile di que’ due principii che diedero agli uomini il primo concetto d’Oromaze e d’Arimane; il maggior bene, l’intelletto, commisto col maggior male, il dolore. Egli si valse del primo a manifestare il secondo, e cantò, per cosí dire, l’inferno colle melodie del paradiso”. Non può non venire in mente la celeberrima lettera al Giordani (Recanati, 8 agosto 1817): “A me il pensiero ha dato per lunghissimo tempo e dà tali martirii, per questo solo che m’ha avuto sempre e m’ha intieramente in balia (e vi ripeto, senza alcun desiderio) che m’ha pregiudicato evidentemente, e m’ucciderà se io prima non muterò condizione”.

3 – «Ce système du Tout est bien ne représente l’auteur de toute la nature que comme un roi puissant et malfesant, qui ne s’embarrasse pas qu’il en coûte la vie à quatre ou cinq cent mille hommes, et que les autres traînent leurs jours dans la disette et dans les larmes, pourvu qu’il vienne à bout de ses desseins».

 

 

Il principe delle tenebre: disegno di Daniele Fregnani (02-11-96 su LC 475), realizzato dopo che, di nascosto dalla mamma, gli ho fatto vedere Nosferatu.


© 01-06/1999 —> 17.11.2010