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L’originale autografo si conserva nel Fondo Piancastelli della Biblioteca Comunale di Forlì. Pubblicato da L. Servolini in «L’Italia che scrive», XXXI, 1948, pp. 49-50 (non vidi), poi in Il monarca delle Indie, Corrispondenza tra Giacomo e Monaldo Leopardi, a cura di G. Pulce, Introduzione di G. Manganelli, Milano, Adelphi edizioni, 1988, pp. 297-299. Esemplo però da Pantaleo Palmieri, Leopardi. la lingua degli affetti e altri Studi, Soc. Ed. «Il Ponte Vecchio», Cesena, 2001, pp. 153-155, in quanto serio studioso con esperienza pluridecennale della biblioteca forlivese, anche se la pubblicazione del 2001 ha più d’un fallo tipografico. Tralascio, rispetto l’edizione precedente, l’indicazione delle discordanze minori quali accenti, maiuscole ecc.; oltretutto, diversamente che dal figlio, nella grafia monaldiana maiuscole e minuscole sovente mal si distinguono. Faccio però seguire, fra parentesi quadre, le diverse letture dell’ed. 1988 che lasciano adito al dubbio. Il [sic] dopo «tenuti», all’inizio, è della Pulce, a certificare la lezione sgrammaticata.

La lettera è importante perché descrive in dettaglio il cursus studiorum di Giacomo. Da segnalare la cura portata da Monaldo all’educazione scolastica dei suoi figli, con metodo non privo di intelligenza. Da notare viceversa la chiusura pressoché totale a tutto quanto è esterno alla «Casa», vera campana di vetro a isolare i figli da tutto ciò che potesse turbare gli equilibri domestici. I risultati di tale educazione sono noti.

 

Monaldo Leopardi a Carlo Antici [17 gennaio 1815]

 

Recanati li 17 del 1815

Mio Caro Amico e Cognato

Vi piace che io vi ricordi il metodo di educazione scolastica tenuto [tenuti [sic]] con i miei Figli e i progressi che singolarmente il primo ha fatto nelle Lettere. Niente di straordinario nelle mie cure, che sono state le comuni ad ogni Padre non scioperato. Ho potuto avere in Casa un Maestro che se non e un uomo sommo, è certo bravo nella grammatica e rettorica, sufficiente nella Filosofia ed altre scienze ed ha buona maniera e facilissima comunicativa. Ho voluto che lo studio sia breve, ma assolutamente quotidiano, né interrotto da vacanze o autunnali, o carnevalesche, o ebdomadarie, eccettuato quelle delle Feste. Ne ho ottenuto che i Figli sono cresciuti colla idea che lo studio sia la occupazione connaturale dell'uomo, e che non vi hanno mai mostrata la menoma avversione. Li ho divertiti con ogni genere di proporzionato solazzo domestico, li ho premiati con quanto ho potuto immaginare che gradissero, li ho animati colla pubblicità dei saggi, delle conclusioni e delle stampe, mantenendoli severamente lontani dal Teatro, dai Pubblici Spettacoli e dalla compagnia di altri Giovani, li ho avuti affezionati alla Casa e non distratti da desiderii e pensieri che potessero alienarli dalla applicazione. Piaccia al Signore che io abbia ad esserne sempre egualmente contento.

Giacomo avea compiuto i nove anni, e Carlo gli otto quando dettero pubblico saggio di tutta la Grammatica e cominciarono lo studio della Rettorica. Nell' anno appresso esposero la metà della Rettorica, e nell' altro il restante colla Geometria ed aritmetica. Terminati il primo gli anni undici, e l'altro i dieci si applicarono ambedue alla Filosofia alla Storia naturale, e alla chimica, che esposero in circolo pubblicamente come dalla stampa che annetto. Stanno ora entrambi terminando la Teologia e il Jus canonico. La Femmina [Femina] anch' essa è bravissima nel Latino e lo sarebbe ancor nelle Scienze se gli avessi dato campo di apprenderle, ciò che io non faccio perche non mi piacciono le femine letterate. Ancora il mio piccolo Luigi ha di 10 anni terminato già la Grammatica.

Giacomo contando a niente la occupazione della scuola, trasportato da una voglia ardentissima di sapere e dotato non solo di ingegno ma di memoria quasi prodigiosa, ha letto [fatto] tanto da sé che ha superata qualunque aspettativa, e appena di 16 anni, trovasi al caso di gareggiare per la erudizione con molti. Devo continuamente sgridarlo perche non tolga al sonno, al cibo, al sollievo ogni momento che può, per darlo allo studio. Delli 12 mila volumi, circa, che ho nella mia Libraria [Libreria] non credo siavene un solo a lui sconosciuto e di cui non possa darne ragione.

Di anni 10 mi donò un suo Poemetto in verso sciolto intitolato i Re magi, altro in sesta rima il Balaamo, ed alcuni sonetti.

Di undici anni scrisse L'Incendio di Sodoma in 8a rima, II Diluvio universale in verso sciolto, Le notti Puniche in verso sciolto ad imitazione delle notti romane del Verri, Catone in Affrica, Poesie di vario metro sulla guerra di Cesare.

Di 12 anni scrisse l'arte Poetica di Orazio travestita, ad imitazione dell'Eneide del Lalli, ed una breve Tragedia intitolata la Virtù indiana.

In quest'anno mi domando di insegnargli la lingua Francese, ma conoscendo io che aveva bastante ingegno da apprenderla da per sé stesso, gli consegnai la grammatica, e il Dizionario, e difatto in pochi giorni ne fù padrone.

Di 13 anni scrisse un Dialogo Filosofico sopra un moderno libro comparso in Macerata nel 1808, di cui dimostrò gli errori intorno al libero arbitrio, e all'anima dei Bruti. Il libro era del Barnabita D. Mariano Gigli.

Scrisse una Tragedia, il Pompeo in Egitto.

Intraprese, e compì nell' anno seguente una voluminosa storia dell' astronomia dal principio del mondo al tempo presente divisa in 5 libri nei quali si parla della origine dell' astronomia, dell' astrologia, dell' astrolalia [astrolatria], della Mitologia astronomica, di più di 2000 astronomi non compresi i viventi, e successivamente dei progressi della astronomia, dei sistemi ed opinioni intorno a ciascun punto di essa, e di tutte le interessanti scoperte astronomiche.

Di 15 anni invogliossi di conoscere la lingua greca, e non essendovi in paese chi la conosca, nonché chi possa insegnarla, si accollò la orribile fatica di apprenderla da sé medesimo, e vi riuscì ed ora ne forma la sua occupazione, e la sua delizia. In capo a sei mesi recò da Greco in italiano l'opera di Esichio Milesio o Illustre, sugli uomini celebri per Dottrina, e la vita di Plotino scritta da Porfirio. In seguito considerando che le illustrazioni ed annotazioni delle quali voleva arricchirla sarebbero state quasi inutili in italiano, abbandonò la sua traduzione e ridusse l'opera come e al presente. Compiutala ultimamente, scrisse in poco più di un mese il tomo che vi rimetterò al p.mo incontro, De Vitis et Scriptis Rhetorum quorundam, cui [quorundam etc. cui] aggiunse alcuni opuscoli greco latini illustrati.

Ora, compiti i 16 anni, lavora una più lunga opera intitolata "Fragmenta Patrum secundi saeculi et veterum auctorum de illis Testimonia collecta et illustrata" contenente le vite dei padri stessi composte dai passi di antichi autori recati tutti in latino con nuova versione, e i Frammenti delle loro opere perdute, con osservazioni critiche collocate ai suoi luoghi e sparse per tutta l'opera.

Eccovi quanto riguarda i miei Figli dei quali siccome vi piace interessarvi, piacciavi ancora impetrarmi dal Signore che mai desistano dall' essermi, come ora di compiacenza e di gloria. Addio

V.ro aff.mo A.co e Cog.to

Monaldo Leopardi

 


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