Note

 

Canto I.

 

1. la lampa — Cfr la lettera del Giordani del 15 aprile 1817: «forse cominciando ella a rileggere la sua Cantica, incomincerà a considerare sin dal primo verso, e non contentarsi il suo orecchio di quel la la che nasce dal la lampa: e meno soddisfarsi di aver detto – Era morta la lampa in occidente – per dire - Era caduto il sole in occidente –: perchè i principii sopra tutto conviene che siano limpidissimi e lucidi, e perciò espressi con la massima proprietà: e se forse in altro luogo poteva comportarsi lampa per sole, parralle che meno convenisse nel principio, che l'uom non sa ancora di che si parla, e però bisogna parlargli chiarissimo: e il cominciamento, oltre la massima evidenza, debb'anche avere nel semplice la possibile nobiltà: e perchè lampa impiccolisce molto il concetto del sole, pare che al concetto scemi tanto di apparente nobiltà quanto di vera grandezza». Come si vede dal framm. XXXIX dei Canti (Spento il diurno raggio…) il Leopardi accolse il suggerimento.

4. eccelsa meta — La gloria, la fama.

6. vinto è ‘ngegno di poeta — Frequente il dantesco motivo dell’ineffabilità, cfr. vv. 70, 93 ecc.

10. gian — “andavano”; cfr. v. 20 gia “andavo” (e Canti, II, 19).

20. muto — Cioè “solitario”, cfr. v. 90.

21. Cui — Compl. ogg. di vestia, riferito al calle del verso prec.

26-27. era ‘l bene… più grande — Grande era la fiducia (si contrappone alla tema = ‘paura’ del v. 30) in me stesso e la gloria che speravo era eccelsa.

29. Un momento è letizia, e 'l pianto dura — Si noti la posizione chiastica.

32. La gran faccia del ciel — Immagine un po’ barocca e involontariamente comica come ai vv. 44, 108 ecc.

34. Un nugol torbo, padre di procella — Una nuvola torbida, scura, apportatrice di tempesta.

42. sbatteva le piante del bel loco —Agitava con forza i rami di quel luogo prima così ameno.

52. ‘l suon de la procella — La grandine.

54. lupi d’intorno a morta agnella — Atmosfera di sapore romatico-gotico, ma a ben pensarci, lo è tutta la descrizione della tempesta.

59. a quel metro — come fa uno scroscio sordo e violento.

74. dotta — Cioè “paura”: dotta, come dottanza, è francesismo, freq. in Dante.

82. pietra — Qui termina il frammento XXXIX dei Canti.

86. com’astro che per l’aer caggia — Come una stella cadente.

101. Tua guardia — L’angelo custode.

103. La gran Signora — La Madonna.

106. venni gelo — Divenni gelato.

108. arricciarsi ‘l pelo —Traduce visivamente lo horrere dei Latini.

111. strozza — Gola.

117. del quarto lustro non se’ fora — Non rattristarti perché non hai ancora vent’anni. Elemento di datazione della Cantica.

119. for esca — quasi ‘fuoriesca’, cioè “che tu sfugga”.

121. quel che le menti adesca — Quel che dà alimento alla mente.

 

 

Canto II.

 

1. Parve — Cioè ‘apparve’: parere è per lo più usato in questo senso (cfr. v. 4), anche se a volte par confondersi con ‘sembrare’.

1. lista — ‘banda, striscia’ (cfr. v. 7).

3. atava — Aiutava.

6. l’ombre fa più rare — ‘rischiara l’orizzonte’. Anche noi diciamo, in altro ma non del tutto dissimile contesto, ‘diradar la nebbia’.

12. che — Se relativo ovviamente riferito a gente, e non a chiarore. Ma si può meglio intendere ‘tanta che’, consecutivo.

13. Amore — Cupido: il quadro di amor svolazzante è quasi rococò.

16. segno — ‘bersaglio’.

24. volar d’ora o spalancar di fossa — Per il trascorrere del tempo e per il passar delle generazioni; questa terzina e la precedente, dantescamente descrittive ed esplicative, sembrerebbero dette dall’angelo, che però viene introdotto solo al v. 28. Come che sia la coordinazione è difettosa, in quanto se fosse il poeta a parlare non si comprenderebbe il suo dubbiar di v. 27; ovviamente si può scindere il poeta-personaggio dal poeta-narratore, ma questi rimane estraneo e non amalgamato.

28. riso — ‘Gioia, attimo felice’; ma anche ‘desiderio veramente appagato’, anticipando una tematica fondamentale del pensiero leopardiano.

32. locando — ‘Collocando’.

33. ben che quando giugne, passa — Un bene il cui duraturo appagamento è impossibile; cfr. v. 28 e nota.

35: ‘l Prence tristo — Tarquinio il Superbo, il cui figlio oltraggiò Lucrezia, provocando così la cacciata dei re e l’instaurazione in Roma della repubblica.

37. Appio — Appio Claudio il decemviro, che s’invaghì della figlia di Virginio e lo costrinse a ucciderla perché non le fosse tolta la libertà; cfr. Canti, IV, vv. 76 ss.

37. dritto — Promulgò, con gli altri decemviri, le XII tavole.

39. tiranno afflitto — Analogamente al precedente episodio di Tarquinio, dopo il fatto vi fu una sollevazione contro i decemviri che dovettero, diremmo oggi, rassegnare le dimissioni.

42. sua donna — Cleopatra.

43 Parisse — Paride, il cui amore per Elena provocò la guerra di Troia e la sua distruzione, nonché la morte dei fratelli e la schiavitù delle lor mogli.

49. per Lavinia — Ovvero Per Laviniam, compl. di causa: cfr. al v. successivo per chi = ‘a causa della quale’, anche se con sfumature diverse.

51. Quel ch’al Tebro menò le Teucre prore — Enea, che aveva condotto i profughi troiani nel Lazio.

53. ’l gran Re — Salomone (Volta, Rigoni), cui Dio infuse la sapienza, ma che si circondò di mogli.

58-60. Vestali furo… corpo lasso — Qualora avessero infranto il voto di castità, le vestali erano condannate ad essere sepolte vive. Chiaro è il senso, la sintassi meno.

65. aprì ‘l lato — ‘Ferì nel fianco’. È Enrico VIII, prima defensor fidei, poi fondatore e sostenitore di quella che diverrà la chiesa anglicana.

66. giusto sangue fe’ tanta fontana —Fra il quale, se non quello di Anna Bolena, sicuramente quello di Tommaso Moro.

70. Per chi — Anche questo causale: ‘a causa del quale’.

74. Che non sua sol ma van mill’alme ogn’ora — Che non solo la sua anima va alla dannazione, ma ne van mille ogni momento. Terzine, le ultime due, di schietto sapore dantesco. Inutile sottolineare l’indulgenza, che presto verrà abbandonata, di Giacomo alle convinzioni religiose del padre.

78. mental… lampa — La ragione

79. Nume — La volontà divina, cioè il vero Dio.

81. vinto dal costume — Quasi non per colpa intrinsecamente sua, ma vinto dall’abitudine, dalla tradizione colpevole di chi l’ha istituita.

84. palpeggiarti ‘l core — Solita espressione involontariamente comica.

89. aspra punta — Della freccia di Cupido. Terzina oratoria, che sembra additarci, con buona pace del Volta, che la conoscenza dell’amore da parte di Giacomo è profonda, ma del tutto libresca; ben diverso sarà il tono delle liriche seguenti, dopo averlo conosciuto per prova (cfr. Il primo amore).

93. tal che d’ello anco mi spiace — ‘In tali condizioni che ancora ne provo pietà’. È Ugo, figlio naturale di Niccolo III d’Este, la cui triste vicenda con la matrigna Parisina era stata narrata da poco dal Byron in un poemetto (Parisina, 1816). È degno di nota che la versione che Giacomo ne dà non corrisponda né a quella, anch’essa romanzata del Byron, né a quella del Bandello, né a quella storica del Frizzi. Se, come par certo, la lettura di Byron è posteriore (la Parisina appare nel secondo Elenco di letture, del 1821) ciò ha sicuramente consentito una fantasia più libera da impacci letterari.

103. Disse, e ristette e quasi si pentia — Vi è forse nel verso qualcosa di autobiografico; non tanto, come pensò già il Volta, nel rapporto coevo col padre, che, come si è accennato, sembrerebbe non aver ancora subito fratture evidenti; quanto invece nell’intelligenza scevra da compromessi dogmatici di Giacomo, che, il fratello Carlo ricorda, fu presto critico sul quarto comandamento, tanto da suscitarne l’indignazione del prete (Viani, Appendice 1878, p. xxxiii).

107. sembianze ladre – in quanto gli rubarono il Paradiso.

110. Erasi aggiunta — Aveva sposato in seconde nozze.

115 I’ fea contesa e forse ch’i’ vincea — Lottai per resistere a questo desiderio, e forse ce l’avrei fatta, se...

116. muto — ‘solitario’, pressoché sempre quando riferito a luogo.

118. al fine un punto fu che ‘l cor non resseInf. V, 132 ma solo un punto fu quel che ci vinse.

127. Allor che — ‘Fu allora che’

129. Con ferità —Con ferocia ingiustificata. Diversamente che in Byron, l’amore fra i due rimane, suo malgrado, giocato nella sfera del desiderio, e non del suo appagamento.

139-144. —L’apostrofe sembra appartenere al poeta narrante; Rigoni parafrasa pietosa come «degna di pietà», ma a ciò ostano, oltre all’accezione insolita, i vv. 141-142: “tanto ora sei vile, irragionevole e priva d’onore, che ti comportasti con la ferocia di una tigre quando eri superba di gloria, ed ora che sei in non cale fai la compassionevole’. Direi che, ex contrario, alle spalle v’è il parcere subiectis et debellare superbos vergiliano.

156. Un ferro e ‘n la sinistra un torchio acceso — Un pugnale nella destra e una torcia nella sinistra.

157. Morta è disse tua druda — Nel Byron la morte di Parisina resta indeterminata. Si aggiunga che nello stesso Byron e nella realtà storica Niccolò III, fu l’accusatore e, se vogliamo, il giudice, ma non il materiale esecutore della sentenza.

163. Parvemi —E una volta tanto parere mi sembra avere il significato di ‘sembrare’.

164. di vibrarlo stesse in forse — Pregevole questa esitazione.

167. E svolazzò lo spirto sospirando — A parte il solito grottesco svolazzare, ricorda vagamente il fastidioso e irritato trapassare degli eroi omerici e virgiliani.

 

Canto III.

 

5. ’l Celeste — L’angelo.

6. grifagna — Propr. ‘rapace’, prov. grifanh, cfr. alto ted. grifan ‘afferrare’ (mod. Griff = ‘presa’).

9. Non… luce — Verso interessante, perché non svaluta, di per sé, la ricchezza, ma chi n’è abbagliato al punto di considerarla fine a se stessa.

12. lor tempo — oggetto di avria, il cui soggetto è il mondo (= i posteri) del verso prec.

15. immondo — Cioè ogni bassa impurità del terreno, ovvero la morta terra del v. 23; cfr. per il neutro la quarta delle Postille.

20. fimo — Letame.

28. venne pallido ’l chiarore — La luce impallidì.

29. iva aliando — Veniva aleggiando la tenebra (sogg.).

30. nottola oscena — Più che civetta, qui prob. ‘pipistrello’. Si noti l’atmosfera gotica di tutta la terzina, che ha comunque precedenti nella Bassvilliana del Monti.

31. Venia Gigante altissimo — È l’Errore, altissimo perché superbo, e cieco (v. 33) in quanto non rischiarato dalla luce divina. Per il significato allegorico del buio cfr. anche v. 102.

34. Correa da prima ratto — L'errore è il contrario della verità, che spesso ha invece bisogno di molto tempo per rivelarsi.

38. certame — È la stolta e rumorosa ‘gara’ fra i diversi erranti per affermare i propri diversi errori. Ma la fame di v. 42 rende visivamente l’inutilità dei loro sforzi.

43-45 Al lume… ritornava — Li vedevo, in quella tenebra, grazie alla luce emanata dall’angelo, che si rifletteva violentemente su di loro.

50. Zoroastro — Zarathustra, fondatore del mazdeismo. Come i seguenti, rappresentato anche nei Trionfi del Petrarca.

52. ’l Samio mastro — Pitagora, teorizzatore della metempsicosi.

55. quel da Citte — lo stoico Zenone di Cizio.

57. l’Abderita — Democrito, che negò l’anima.

60. ’l lercio duce — Epicuro, forse con reminiscenza dell’oraziano Epicuri de grege porcum (Epist. I, 4).

62. ’l magno di Stagira — Aristotele.

64. que’ nefandi… contra l’Eterno — gli atei (cfr. Monti, Bassvilliana II, 58 s. e con sistemi e con orrende fole / Sfida l’eterno). La loro descrizione si prolunga per più terzine, e presuppone, oltre che la modernità coeva dell’ateismo, la sua riflessione e reazione in casa Leopardi, con espressioni che paiono a volte monaldiane (cfr. partic. v. 78).

74. il grande acquisto — La redenzione ottenuta all’uomo da Cristo, ma è vocabolo di sapore tassiano.

81. Come a Dio conceduta abbia la pace — «Come se avesse concesso una tregua a Dio» (Guarracino).

96. U’ torpe… viene — Ove è torpido, lento l’Errore, che pur veniva così veloce. Cfr. v. 99 e n. 34.

103-114. Si notino, di là dalla prolissità e dalla non troppa chiarezza del trapasso fra le due visioni, le due doppie similitudini, simmetricamente contrapposte, entrambe con disgiuntiva.

107-108 ’l villan… s’affaccia — prefigura il villanello di Canti XXXIV, 240 ss.

113. Notturno stuol — V’è forse il ricordo di quelle missioni che impressionarono tanto il Leopardi fanciullo (cfr. la Lettera memoriale del padre al Ranieri).

117. fero spetro — È lo spettro della guerra. (cfr. ancora Bassvill. II, 43-45)

133. Correre e disertar — Far scorrerie e render deserti.

143. Lion che ’n belva marcida si sfama – Solito gusto romantico-gotico, ma verso dantescamente plastico.

145. far solo — ‘desolare’.

149-150. Lo cui passaggio… martire — La cui morte fu guadagno al mondo, mentre nascita e vita furono per esso un martirio.

151. Magno — Pompeo Magno, che arrossò del suo sangue il tradimento egiziano (perpetrato da re Tolomeo, che pur gli doveva molto).

153. compagno — Patroclo, ucciso da Ettore.

155. ’l re de’ re — Agamennone, che poi perì di ferro infido (v. 157), ucciso da Egisto, secondo la tradizione omerica, o da Clitennestra, non tanto seguendo gli antichi tragici quanto l’Agamennone dell’Alfieri; il vocabolo infido parrebbe consuonar meglio col finale di questa tragedia. Clitennestra è invece, nei Trionfi petrarcheschi, definita empia (I, iii, 17).

160. Il Macedone — Alessandro Magno, il cui impero, alla sua morte, si divise.

163. I quattro personaggi sono variamente citati nei Trionfi e in Dante. Si veda l’esaustiva nota ad loc. del Guarracino.

174. orma non lassa — Cfr. Inf. III, 49 Fama di loro il mondo esser non lassa.

178. E mostro… Nero — È la tirannide, di cui mai si vide alcunché di così feroce dalla gelida Scizia alla riarsa terra africana.

182-183. E passeggiar… rabbiainvidia e rabbia sogg., la guancia compl. ogg. di passeggiar, transitivo. Non sto a commentare, ora e poi, le trasparenti allegorie.

193-195. Caratterizzazioni simili nella Bassvilliana, cfr. Guarracino ad loc..

200. tenea ’l passo — Si fermava pien di sospetto e paura.

202. ’l gran vermo — Cfr. Dante, Inf. VI, 22; XXXIV, 108.

213. intriso la corona e ’l manto — acc. di relaz.

215. Passa ’l tiran… duro — E perfino quando muore è difficile trovare chi l’accusi? Si può pensare a Cesare, all’Augusto dei Trionfi, a Pisistrato ecc.; v. poco infra.

226. angue — lat. anguis, ‘serpente’

233. sgraziato — disgraziato, sventurato.

238. furbo più vicin — Cesare o Napoleone, o forse entrambi. L’ambiguità si gioca sul più vicin: a Tiberio, o al nostro tempo? Ma ancor si riferisce meglio al Còrso, mentre a Cesare si fa riferimento implicito infra, cfr. n. 253.

241. Periandro — Tiranno di Corinto, ma anche uno dei sette sapienti.

248. empio sangue — di Ipparco, figlio di Pisistrato.

250. ’l gran Corintio — Timoleonte, che uccise il fratello, tiranno di Siracusa. Cfr. Paralipomeni, III, 24, 1-6.

253. Bruto — L’uccisore di Cesare. Quasi innumeri le sue presenze in Leopardi.

257. sparse — Scomparve.

 

Canto IV.

 

12. rinomo — Cioè ‘rinomanza, fama’. Deverbale da ‘rinomare’, come ‘richiamo, reclamo’ e simili.

13-18. Vedi… ha tolto — Non a caso questa è l’ultima delle visioni terrene, in quanto è quella che il poeta teme di più, cioè di finire anche lui avvolto nel manto dell’Obblio, come la «gente trista», cui non valse «tempo lungo e sudor molto» a conquistare una duratura fama.

21. E ’l mertava quant’altri, e que’ l’ha strutto — Il verso è degno del più nero pessimismo leopardiano, e della casualità che governa l’universo. «mertava quant’altri» cioè «quant’altri mai» (Rigoni); o forse semplicemente quanto gli altri che son riusciti a sottrarsi all’oblio (cfr. Postille alla Cantica, III: «quanti degnissimi quanto qualunque altro di ricordanza che ora non se ne sa pure il nome»).

25. oh miseranda cura — È il gran darsi da fare, l’insensata cura dei mortali che si risolve nel nulla, come il «poor player who struts and frets his hour upon the stage and then is heard no more» (Macbeth).

29. Assai — «a sufficienza» Rigoni.

33. Invan per te vivesti e non vivrai — Vivesti invano per il tuo scopo, che non hai raggiunto e quindi «non vivrai» nella fama.

35. Al mondo no, ma nomerassi in cielo — Cioè che nel mondo non è nessuno, ma sarà qualcuno in cielo.

37. lo final gelo — Il freddo della morte.

39. vedrà ‘l gran Bello senza velo — Quando, non impedito dalla «mortal soma», riuscirà a vedere Dio.

45. nuove — ‘Insolite, straordinarie’. Non certo ‘nuove’ (pare ci sia stato un certo Dante…).

48. iscommessa — Avevo interpretato ‘rischiosa, affidata alla sorte’; ma è preferibile Rigoni: «sconnessa», ovvero “mal commessa”, come in Annibal Caro, Eneide I, 617 (a proposito delle disastrate navi di Enea).

58. sua letizia rinnovella — È banale dirlo, ma è comunque l’idea de La quiete dopo la tempesta.

64. l’aperta — ‘Apertura’, ovvero lo squarcio di cui poco sopra.

66. lucido campo — Area di luce, luminosa.

70-72. Qual… imago — La similitudine è contorta e contraddittoria: prima il sole è inadeguato («fioco») a render l’idea, poi invece il novo fulgore vien paragonato proprio al sole. Malgrado ciò i versi lascian presagire il Leopardi maturo, e si notino gli aggettivi “indefiniti” (vago, ermo), cari a Leopardi.

78. M’aprir la mente e dilatarmi — M’aprirono la mente e mi dilatarono. Si noti la variatio chiastica (pron. verbo nome verbo pron.).

99. Nostra sola virtù — Le nostre sole forze.

114. tocca toccata.

121-123. O ‘ntelletto mortal, come se’ scuro… sicuro — Terzina effettivamente «scura». Oscurità dovuta anche all’argomento, che sembra di minor interesse per il giovane poeta, e quindi meno patetico e più retorico e concettoso. Da notare il chiasmo morte duol doglia morte.

127. vate regal – Davide.

133. quel vicin – Petrarca, troppo attaccato al mondo terreno, a cosa mortal, cioè Laura.

136. Mira colui – Tasso; il v. 138 è citazione esplicita dell’inizio della Gerusalemme liberata.

vv. 145-156 — Scena tipicamente sublime-romantica, la cui lunghezza è poco giustificata. Ricorda certi voluti effetti catastrofici del cinema di oggi, spesso fini a se stessi. L’entrata della divinità non poteva essere più barocca.

v. 172 tua stagion matura — Come un frutto che sta per esser colto.

vv. 182-183 È dal cor suo… avvinto — In cui bensì è spinto dal cuore, dal desiderio dell’eterno, ma che non può realizzarsi in un corpo mortale.

vv. 185-186 ov’uomo ad uomo Ed a se stesso ed a suo ben contrasta — «L’uomo è un essere che combatte tutto ciò che lo circonda, incluso se stesso» (Zaius, ne Il pianeta delle scimmie, USA, 1968, ad fin.)

v. 189 rinomo — Cfr. v. 12.

v. 193 guai — lamenti.

 

[Canto V.] in fieri

 

 

© 10-12/2010—> 15.07.2011